Ludduì
In questo borgo che parla gallurese, il panorama regala emozioni che stordiscono. Il mare, i pascoli, le case colorate in lontananza, qualche pinneta sperduta dei pastori. Nei primi del ‘900 a Ludduì vivevano una decina di famiglie, tutte imparentate tra loro. Animavano la vita degli stazzi con una routine quotidiana fatta di sudore, fatica, ma anche di soddisfazioni.
LE CASE DELLE FAMIGLIE GALLURESI: GLI STAZZI
Lo stazzo, nato attorno al 1600-1700 circa, era l’abitazione delle famiglie galluresi: attorno a quest’area si svolgevano le mansioni che permettevano alle famiglie di sopravvivere. Col passare del tempo gli stazzi sono diventati i borghi così come li conosciamo ora, alcuni hanno mantenuto più o meno la stessa dimensione e altri si sono ampliati. Lo stazzo era una sorta di azienda agricola e pastorale a gestione familiare: la vita quotidiana si svolgeva attorno alla casa, un edificio in granito “monocellula”, cioè composto da una sola stanza. All’interno di questa stanza viveva una famiglia composta da madre, padre e figli che dividevano quindi l’unico spazio a disposizione. La stanza aveva un pavimento in argilla battuta, un letto, un tavolo – la banca – qualche sedia e sgabello – catrèi e banchìtti , una macina e il forno. Al centro della stanza c’era il focolore, lu fuchili , utilizzato per cucinare e per riscaldare l’ambiente durante l’inverno. Appesi al soffitto, formaggi, insaccati e i cagli. Attorno alla casa vi erano l’ovile, il porcile, la stalla, l’orto, la vigna e i campi che gli uomini quotidianamente lavoravano, per poter produrre il cibo per la propria famiglia.
UNA VERA E PROPRIA SOCIETÀ
La casa monocellulare veniva ingrandita quando uno dei figli si sposava: anziché costruire un’altra casa lontana, si preferiva allargare quella esistente. In questo modo lo stazzo diventava man mano sempre più grande e tendeva ad allargarsi in orizzontale, e molto più raramente in verticale. Man mano che la famiglia cresceva, si delineava quindi una vera e propria società che girava attorno al nucleo principale, cioè quello degli “anziani genitori” che hanno avviato la famiglia. Ogni elemento di questa società aveva un compito: gli uomini si occupavano dei campi e dei lavori più pesanti legati al bestiame; le donne andavano al fiume a lavare i panni, preparavano da mangiare, cucivano i vestiti e si occupavano di tutte le faccende domestiche legate alla famiglia. Anche i bambini davano il loro apporto: i maschietti custodivano gli animali, le femminucce prendevano l’acqua dalla fonte e badavano ai fratellini più piccoli mentre le madri erano impegnate nei lavori. Solo più tardi i bambini avrebbero imparato a leggere e a scrivere, grazie ai maestri “itineranti” che davano lezioni “a domicilio” in cambio di cibo e ospitalità per breve tempo. La vita negli stazzi era quindi legata ai cicli dei lavori che vi si svolgevano: il ciclo del grano, del latte, del vino, della carne. Questo ritmo portava le persone a fare una vita ritirata, scandita dalle ore lavorative. Non mancavano però momenti di socialità in cui le varie famiglie degli stazzi si incontravano: ogni famiglia aiutava l’altra nei lavori che richiedevano più braccia, come l’uccisione del maiale, la trebbiatura e la vendemmia. Tutti momenti di lavoro ma anche di incontro, che, in borghi come Ludduì, continuano ancora oggi.
Da Olbia prendete la SS131dcn direzione Nuoro. Dopo circa 30 Km imboccate l’uscita per Agrustos seguendo la SP1, arrivate nel borgo di Agrustos e poi seguite le indicazioni stradali per Ludduì.