Maiorca

Maiorca Maiorca
Maiorca, la più estesa. 

Così in molti spiegano questo toponimo spagnoleggiante: anticamente, forse, Maiorca era il borgo più esteso della zona. Massimo Pittau, linguista, glottologo e docente all’Università degli Studi di Sassari, nel suo testo “Toponimi della Sardegna Settentrionale. Significato e origine”, ipotizza che Maiorca fosse il cognome del proprietario originario dello stazzo, e che quindi il nome sia rimasto a indicare tutta la zona.

PASSATEMPI DI UN TEMPO LONTANO 

Anche se, probabilmente Maiorca era uno dei borghi più grandi della zona, non era facile trovare qualcosa per intrattenere i più giovani, quando questi non andavano a scuola. 

Allora i genitori e i nonni proponevano loro dei “giochi” che, in realtà, erano piccoli lavoretti, come andare negli stagni o nei boschi a raccogliere i frutti della natura. Così, d’estate, i bambini di sei/sette anni andavano a cercare le arselle con i rastrelli: queste erano considerate da tutti un piatto prelibato, cosa che inorgogliva non poco i giovani procacciatori. Durante l’autunno e l’inverno, invece, si andava a raccogliere mirto e pere selvatiche, soprattutto poco prima di Natale.

Il mirto veniva utilizzato per il famoso liquore, mentre le pere selvatiche si mangiavano la notte della vigilia, prima di andare a messa. In realtà questo era un modo sia per tenere occupati i bambini, che altrimenti avrebbero rallentato il lavoro quotidiano dei genitori, sia un modo per alleggerire il lavoro dei più grandi: tutti, a Maiorca e negli stazzi galluresi, davano una mano affinché il cibo non mancasse mai. Bambini e bambine iniziavano a lavorare già dai sette anni: le femminucce aiutavano le madri e le sorelle più grandi nei lavori di casa, mentre i maschietti andavano nei campi.

 IL MENÙ DELLE FESTE

La notte di Natale, insieme alle pere selvatiche, si mangiavano anche altri frutti della terra, spesso raccolti dai bambini stessi: fichi secchi, mandorle e nocciole. Si preparava anche s’aranzada, un dolce a base di buccia d’arancia, mandorle e miele. Mentre per il pranzo di Pasca di Natali, il giorno di Natale, il menù comprendeva quello che tutt’ora persiste in questa zona: zuppa gallurese, gnocchetti al sugo, agnello e salsiccia. Ancora non si faceva l’albero di Natale e non c’era l’usanza di fare regali ai bambini né tantomeno agli adulti, probabilmente anche a causa della difficile situazione economica. Però in ogni borgo, Maiorca compresa, si faceva un piccolo presepe che tutti potevano ammirare. Questa è una tradizione che rimane anche oggi: ogni anno, a dicembre, Budoni e i suoi borghi ospitano decine di presepi sparsi in tutte le vie. Durante le altre feste il menù era pressoché uguale, cambiavano solo i dolci tipici: a Pasca d’abbrili, Pasqua (di aprile), ad esempio, si preparavano e si fanno tutt’ora li casgiatini: dolci ripieni di formaggio o ricotta, a seconda dei gusti e anche della zona.

Come arrivare?
Da Olbia prendete la SS131 DCN direzione Nuoro. Dopo circa trenta chilometri prendete l’uscita per San Teodoro e poi prendete la SS125 Orientale Sarda seguendo le indicazioni per Maiorca. 
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