Muriscuvò

Muriscuvò Muriscuvò
Una delle particolarità dei borghi del comune di Budoni è che, nonostante siano separati solo da pochi chilometri, sono molto diversi tra loro soprattutto per quando riguarda usi, costumi e lingua.

Trovandosi al confine tra la Gallura e le Baronie, Budoni e i suoi borghi hanno assorbito le influenze storico-culturali di entrambe le regioni. 

I SARDI E I CORSI

i borghi a nord di Budoni, verso San Teodoro, sono caratterizzati da usi, costumi e lingua gallurese, mentre quelli a sud di Budoni sono più vicini alla tradizione logudorese. Ancora oggi, parlando con gli anziani, si capisce quanto sia ancora molto forte questo dualismo. I galluresi venivano definiti cossesos, cioè corsi, avendo appunto origini e radici in Corsica. Avevano la fama di non essere bravi contadini e pastori, mentre la loro più grande abilità era il ballo. D’altro canto, i galluresi definivano i loro vicini “li saldi, chilli co li cambali”, i sardi, quelli con i gambali, a indicare una popolazione che invece è profondamente legata alla terra e al bestiame. La forza di Budoni è proprio questa: raccoglie borghi con lingua, usi e costumi diversi, ma uniti e coesi tra loro. 

MURISCUVÒ, BORGO DI CONFINE LINGUISTICO E CULTURALE

Muriscuvò è uno dei borghi di Budoni più a sud, al confine con le Baronie: situato più vicino a Posada che ai borghi galluresi di Budoni. Qua si parla il Sardo Logudorese, anche se la maggior parte delle persone capiscono anche il gallurese: spesso, infatti, le famiglie erano – e lo sono tutt’ora – composte da un genitore di lingua gallurese e da uno di lingua logudorese.

I bambini quindi, quando si incontravano a giocare nelle vie di Muriscuvò, si esprimevano in due lingue differenti. Anche i loro giochi erano diversi: i bambini galluresi giocavano con lu càrrulu di la fèrrula, il carretto costruito usando la biforcazione naturale della ferula, pianta che cresce spontanea in tutta la zona. I bambini “sardi” giocavano a sa dama, che consisteva nel disegnare a terra tanti rettangoli e lanciare un sassolino che doveva ricadere all’interno di essi. Le femminucce giocavano perlopiù con delle bamboline “caserecce”: un’asticella fungeva da corpo, un fazzoletto costituiva il vestitino della bambola e la testa era composta da uno straccio imbottito di crusca. Questa bambolina veniva chiamata in gallurese la puppìa, mentre in logudorese sas pipieddas. Anche il gioco della campana, che consisteva nel disegnare delle caselle numerate per terra su cui poi bisognava saltellare dentro, veniva chiamato in due modi differenti: sa lampada in logudorese e la pàmpana in gallurese.

Come arrivare?
Da Olbia prendete la SS131 DCN direzione Nuoro. Dopo circa 30 chilometri prendete l’uscita Limpiddu. Proseguite seguendo le indicazioni per Muriscuvò. 
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